venerdì 20 marzo 2009

Festa del Falo'


Poesia dedicata alla Festa del Falo', scritta da un nostro compaesano che vive fuori da Rocca da piu' di 40 anni.

S'erano appena disciolti i ghiaccioli e dal letargo risvegliato il grano quando ridesta nei contradaioli rivalità si riprendea la mano.
D'antica e ignota origine, trasmessa attraverso più secoli dagli avi la gara dei Falò, che mai fu smessa, ne mai conobbe rocchigiani ignavi.
Tal gara ricorreva alla vigilia del santo la cui festa poi fu tolta, in tre anime spaccava la famiglia; a febbraio iniziava la raccolta di rovi, acace, tutte le scarpate, tutte le strade che portano al paese alacremente venivan rasate da mani non avvezze a tali imprese.
Piccole armate di Brancaleone con su le spalle roncole, forcali, ogni meriggio entravano in azione pulendo fossi, dirupi, crinali, ammonticchiavam rami, sterpi, spini, sino a formare cumuli copiosi e, sopra d'essi, come su cuscini noi si saltava ilari e giocosi.
ché pigiati i voluminosi mucchi s'intrecciavan gli spini in un groviglio e a dipanarlo non reggevan trucchi, trascinarlo dava facile appiglio; agganciandovi allora un sol rampone, chini alla fune, lo si trascinava, intonando su l'inno del rione sino al paese, là, dove s'ammucchiava rovesciandolo giù da sopra il ponte,
ognuno alla sua sponda, nell'attesa cresceva il mucchio da sembrare un monte, così nessun coglieva la sorpresa.
A mano a mano si facea la stima: - Se va così battiamo il Buginello!- fin che giunta la settimana prima gli adulti non mancavano all'appello, con camion si portavano gli spini, i pagliai si ergevano imponenti, le donne preparavano i panini scorreva il vino che rendea contenti ed ecco infine, giunto il dì diciotto, tutto il paese con la trepidazione sul lungofiume assieparsi, e giu di sotto stavan le "mede" pronte all'accensione.
All'ora stabilita il campanone con gravi note mandava il segnale, partivano le torce, una per rione e un gran baccano esplodeva infernale.
Eran rudimentali mortaretti con colpi e colpi a ripetizione, solfureo fumo salia verso i tetti poi, improvvisa, potente esplosione copriva il già rimbombante fragore,
urla di gioia, grida di spavento, battea comunque sempre forte il cuore; era arrivato l'atteso momento.
Da rionali tedofori portate tra la calca s'aprivano la strada le sacre torce, da tutti osannate, tifava ognuno per la sua contrada.
giunte nel greto, presso quelle pire nell'ombra cupe, pronte per il rogo, in pochi attimi, le roventi spire davano al fuoco l'agognato sfogo.
Le fiamme alte più dell'alte case che l'acqua ondulata rispecchiava lambendo dei falò l'un l'altra base quasi a sgorgar da lor lucente lava.
Vinceva chi? Forse vincevan tutti, ognuno vedeva il suo ardere meglio, solo se uno cadeva dentro i flutti allora d'altri esplodeva l'orgoglio.
Ardeva coi falò l'ultimo inverno quasi che fosse sceso quella sera benigno, a ricordarci, il Padreterno che dopo il freddo è sempre primavera.

Domenico Cappelli

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